mercoledì 14 dicembre 2011

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ragazza di strada
martedì 10 luglio 2007 10.55
venerdì verso le cinque miss Jekill, che sta diventando sempre più Heidi (alla faccia della mrs Hyde), ha dato una palpatina alla levetta del tergicristallo, che ooooh spruzza! - meraviglia - funziona (succede così, nelle auto normali?), ha pasticciato un pò con l'autoradio (radiomaria bye bye!), si è controllata il trucco nello specchietto e ed è partita.
un altro we da transumante dell'ammore, che se sei mesi fa me l'avessero detto che finivo così, gli avrei tolto la voglia di far dello spirito e il saluto.
e invece ho scoperto che l'aria di montagna quando al mare si boccheggia ha i suoi pregi... se non fosse che i passatempi son tutt'altro che da ottuagenari mi sarei pure un pò preoccupata al solo pensiero (per me stessa intendo) anzichè preoccuparmi di chi avevo davanti per strada, o didietro.
in 600 km percorsi ho perfezionato la mia personale classifica di chi andrebbe costretto a tirare un carretto di cocomeri con la patente infilata tra i denti.
i camionisti francesi (con un paio di cactus sottoo le ascelle)
seguiti da: i camionisti spagnoli (rincorsi da tre tori mannari).
terzo posto: le audi, sopratutto se guidate da pelati (senza bionde vistosamente rifatte di fianco)
nessuna invidia poi per l'anaconda luccicante in coda in senso opposto, in uscita da Torino giù verso le riviere. e sbalordimento sincero per lo stesso serpentone di ritorno la domenica, che se davvero han voglia di andarsi a far rapinare dai vigili, dagli stabilimenti balneari e dai ristoratori musoni delle mie parti tanto peggio per loro che si vanno a cacciare volontariamente in sti guai (tra l'altro mi pare sia stata pure organizzata un'epifania di depuratori in panne e ondata di catrame questo fine settimana nel mar ligure, roba fina, da temerari)
verso le otto il termometro segnava un 18° croccante, e il sole accecava la cima al monte che saliva la mia strada, in tempo per un aperitivo e poi cena in baita scricchiolante di legno, di cozzar di posate e cristalli e cantilene d'accenti da duemila metri.
ma a quel punto non guidavo più io,  sfacciatamente fingevo di arrendermi a fare l'ingenua turista.

il noncompleanno
domenica 15 luglio 2007 22.55
Venerdì arrivò che manco me ne accorsi, che era tutto un anno che sapevo che sarebbe arrivato, ma intanto anche a puntare i piedi in stivali e sandaletti m’era scivolato via tra un giorno e l’altro.
Avevo provato a far finta di niente con qualche vecchia conoscenza, persa in chiacchiere a guardare l’incanto del mare respirare oltre i pini, come una piccola cena di vacanza a metà settimana. Ma si sa, le vecchie conoscenze non le freghi, mica se la lasciano scappare l’occasione, e così già 48 ore prima del famigerato giorno m’era toccata un’irresistibilmente sadica sacher a sorpresa sul piatto, con le sue otto simboliche candeline rosa e l’ultima fetta che non si può lasciare lì, che la devi punire perchè tanto già lo sai che lei si vendicherà col tuo specchio.
Poi giovedì la famiglia, che son bei momenti quando puoi scegliere il ristorante senza guardare la colonna degli zeri sul menù, scacciando un pensiero veloce di quando cenare coi tuoi genitori era una tortura, che gli amici erano a zonzo nell’afa della sera in motorino e tu con la testa ingrata li rincorrevi torturando il tovagliolo. E dopo l’irrinunciabile dolce (e due!), la bustina preziosa, per la sera successiva.
Così venerdì mattina ero in ritardo come tutte le altre mattine, sognando un cuscino di piume al posto della risma di carta di fianco alla fotocopiatrice, viziandomi con una dose doppia di caffeina, che diamine, era o non era il mio compleanno!?
Lo era sì, che ovviamente in molti non si sono lasciati sfuggire l’occasione per infierire, alcuni commoventi a sorpresa, pochi con caritatevole grazia in 160 caratteri ed emoticon, altre poi di persona con baci e sorrisi quando finalmente arrivò anche l’ora dell’aperitivo e del weekend.
Un piccolo puzzle di tavolini noti e di facce care nel mio ritrovo preferito tanto trascurato ultimamente, un democratico primo assaggio alcolico personalizzato prima di esserci tutti e brindare così con nn (non mi ricordo!) bottiglie di bolle paglierine, attaccando briga colla povera festeggiata che tanto se ne infischia e resta cazzona nonostante l’età e poi pure i piatti di cibarie che han finalmente riempito quelle boccucce assassine e i loro gentili stomaci.
Due stupefacenti stelle filanti scintilline di swaroski azzurre alle mie orecchie mi han solleticato il collo e la gratitudine per chi si è ricordata di un mio desiderio represso mesi prima, meritando un secondo giro di baci per tutte le mie femmine bellissime e un sacco di  ondeggiamenti della mia testolina sorriderella tutto il resto della notte (ma forse quello era pure colpa dei bicchieri e dei tacchi..)
Un kit sciccosissimo per la mia pelle assetata, in comodissimo formato da transumante amorosa, un libricino prezioso per i miei bivacchi da divano, spiagge o prati di alta quota, un trolley rosso ciliegia e un treno di gomme sportive han completato il ritratto di questa giovane signora che a quanto pare viaggia parecchio ultimamente.
Per il resto della sera le distanze sono state però percorse sui tacchi, giù fino al mare, a scoppiettare di chiacchiere e risate in mezzo al resto del mondo, e chissà come son piovuti altri tipi di regali, o forse qui devo ringraziare la mia pancera a forma di minigonna..
Regali del tipo che quando cerchi non c’è verso che ne trovi, ma quando non ci pensi proprio sono loro che vengono da te.
Il mattino dopo, le scellerate scarpine carnivore abbandonate riverse vicino alla porta mi han ricordato cos’era quel feroce dolore ai miei piedi scalzi, che per una volta avrei infilato dieci bustine di aulin tra le dita anzichè in gola, e due messaggi graziosi da due numeri nuovi quanto mi mancasse in realtà un certo bacio sonnoso lontano, che di lì a poco trillò a coccolarmi il risveglio – ma a dannarmi la coscienza -  quel poco che bastava a distrarmi dalla mia nuova età...


38 cin cin
lunedì 16 luglio 2007 0.27
E alla fine si arrivò anche quest’anno alla giornata della regina delle scuse per far festini, che ci potrebbero essere 38 buoni motivi anche per brindare tutto il sabato dopo,  per la serie che se il bicchiere ha da esser mezzo pieno bisogna che la bottiglia sia sempre poco distante:
1 – sono una femmina, che secondo me l’è una gran fortuna, ch’è più facile trovarle dei bei regali di compleanno.
2 – sono anche fortunata, perché so di non dimostrare i miei anni, e riesco spesso a dimenticarmene forse proprio grazie alla mia veneranda età.
3 – sono senilmente felice d’esser smemorata, che è un bene, perché alla fine quelli fortunati a me mi stan un po’ sulle balle.
4 – se invece mi capita qualche sfiga mi posso sfogare, assecondando propensioni territoriali ed ormonali.
5 – sono pure ciarliera, così posso esercitare il mio mugugno per qualsiasi viscerale insoddisfazione inventata o imminente catastrofe o meritata conseguenza con le mie ragazze, che i maschi al bar invece parlano solo di patate e pallone.
6 – fumo, così posso unire le due cose, inspirare veleno, e sospirare espirandolo, criticandomi  anche per questo.
7 – poi allora ci sta bene un bicchiere, pieno, di calorie, che fanno sempre altro argomento utile alle donne.
8 – i bicchieri diventano più d’uno, così si fan pure figure di merda ma senza accorgersene, e il giorno dopo si potrebbe avere una di quelle famose emicranie che però almeno non vengono alla sera..
9 – se il mal di testa rendesse insopportabile il rumore, o le altre femmine fossero lontane, una valida alternativa sarebbe lamentarsene per iscritto.
10 – scrivendo mi divertirei a sbrogliarmi un po’ seghe mentali, imparando intanto ad usare word, e non rompendo i coglioni a chi mi sta intorno.
11 – poi qualche brava anima potrebbe casualmente passare a leggere le mie elucubrazioni, e magari mi direbbe la sua, illuminandomi su questo meraviglioso mondo di matti.
12 – intanto il mio adorato cane che se ne sbatte del mal di testa mi potrebbe costringere a metter il naso fuori, per una boccata d’aria sana e un po’ di moto brucia-grassi.
13 – già che sono fuori mi berrei un caffè, accenderei una siga e cercherei la farmacia aperta più vicina.
14 – il mio quartiere pullula di vecchietti (come peraltro tutta la città) e quindi ce ne sarebbe sempre uno davanti a te a confessarsi dalla farmacista, così puoi farti un’idea di cosa sei destinato a diventare (molto meglio degli oroscopi).
15 – mentre aspetto potrei casualmente buttare un occhio alla cesta delle offerte speciali, scoprire che ho la pelle propensa alla couperose o le vene rugose, e dimenticarmi dell’emicrania.
16 – aprendo il borsellino per pagare il nurofen, potrei fare un rapido conto di quanto ho bevuto la sera prima.
17 – non ricordandomi bene cosa è successo tra il penultimo bicchiere e il materasso, avrei la scusa per alzare le spalle sorridere beata facendo finta di niente salutare la farmacista che mi fissa e uscire leggera leggera.
18 – varcata la soglia non avrei più bisogno di pensare per almeno mezz’ora, che mi basterebbe restare attaccata al guinzaglio.
19 – ogni canetto femmina potrei fermarmi a chiedere come si chiama e quanto ha, ogni maschio potrei attraversare sul lato opposto, anche con quelli buoni, movimentando un po’ la passeggiata.
20 – raccogliendo l’eventuale deiezione, potrei avvertire soddisfatta qualche doloruccio da palestra ricordandomi la mia tabella di allenamento magnifica e irraggiungibile.
21 – a quel punto potrei accarezzare solo in sogno l’idea di rimettermi a dieta da lunedì, con slancio entusiasta.
22 – poi ricordandomi cosa mi aspetta tra cene infrasettimanali e gozzovigli vari, dovrei mio malgrado arrendermi all’evidenza, che le amicizie vanno coltivate e sono più importanti della linea in barba all’egoismo e alla vanità.
23 – specchiandomi in una vetrina potrei non riconoscere quel fagotto bipede con gli occhiali da sole attaccato a un setter, e capire che l’apparenza non è tutto.
24 – incrociando una fanta-fica griffata dalla testa fresca di parrucchiere ai piedi, potrei sentirmi felice di non essermi dovuta alzare all’alba ne di dovermi preoccupare se piovesse.
25 – se piovesse potrei evitare di disfare il letto, fare una lavatrice e tagliare l’erba in giardino.
26 – se non piovesse però potrei stendere fuori, andarmene lo stesso al mare che tanto l’erba ricresce, e mettermi le scarpe nuove.
27 – se in settimana dovessi passare da certe “quelle parti” per delle commissioni barbose, con le scarpe nuove mi ci vorrebbe quella borsa che visto in quel negozio.
28 – il mese prossimo scade il bollo dell’auto, quindi niente borsa, che tanto non serviva, era solo uno sfizio spendaccione.
29 – che fortuna non avere la grana della Paris, che finire al fresco per guida in stato di ebbrezza quando potresti permetterti una famiglia di autisti.. meglio il mio motorino che non puoi fare belinate o ti sguari, no?
30 – se fosse nuovo poi avrei l’ansia che me lo facciano saltare, invece questo povero sgangherello lurido una volta ci ho pure trovato un paio d’euro posati sul sellino.
31 – … (il silenzio porta sempre bene, e il ricordo di quando si sono trovati dei soldi va rispettato, che da quando c’è l’euro capita molto più di rado)
32 –  potrebbe squillare il telefono a quel punto, a ricordarmi che qualcuno su questa terra mi sta cercando, mi vuole parlare magari di cose che non so.
33 – potrebbe essere un’amica col cuoricino sanguinante, che va ascoltata, sollecitata a mandare a cagare il giovane amante bastardo di turno e poi uscire ad ubriacarsi con te, o magari un cinema, facendoti sentire utile e messa meglio sto giro.
34 – potrebbe essere l’amica che si è alzata prima, perché non ha fatto la balorda, e ti ricorda che ti ha tenuto il lettino in piscina, facendoti sentire balorda felice appunto,  con un’ottima scusa per non fare lavatrici, giardinaggio e pure stirare.
35 – potrebbe essere un giovanotto che ti fa sorridere, e dimenticare che adesso gi anni di differenza sono undici, finchè non te lo ricorda lui.
36 – a quel punto sarebbe ora di rincasare un po’ di fretta, giusto per agguantare un bikini, una crema protettiva (antirughe), casco e sgattaiolare via.
37 – la resina sul sellino rovente ti impedirebbe di scivolare quando inchiodi perché un deficiente ti non ha rispettato lo stop.
38 – nel frattempo si sarebbe fatta l’ora di pranzo, in riva al mare di nuovo con un bel bicchiere tra le mani. d’acqua però..

chi l'ha dura, e manco vince
martedì 17 luglio 2007 21.32
uffff... giornata da muli oggi per la pantegana da scrivania quì.
partita la mattina per soprintendere certi spostamenti in magazzino, è finita per restarci fino al pomeriggio inoltrato.
guai alla mia mente se mai più le sfiorerà alcun pensiero di altrui fancazzismo, che quei ragazzi son brontoloni e pure pasticcioni, ma se lo sudano il pane.
e pure generosi, che c'è scappato il pranzo in piedi appoggiati ai palets sbriciolando sulle bolle, e la penultima sigaretta scroccata all'unico fumatore, brindando ai compleanni con la fanta.
alla fine tutto in ordine, là, un pò meno al ritorno nel mio ufficio.
dura la vita del magazziniere...
però il panetto era davvero morbido e buono, altro che il mio tonno all'acqua e quattro carote.

settemila seghe (mentali) sotto il mare
mercoledì 18 luglio 2007 2.35
Scappava sempre.
Scappava sempre la mano a sistemare la ciocca malandrina, a disciplinarla  perché tornasse al suo posto, come una poseidonia bruna e  indolente. Che le mani spesso obbediscono da sole a rituali che sfuggono a loro volta, ma a ben altri più potenti controlli.
Come la mente.
Verificò con dolcezza di aver censurato la suoneria, sorrise e richiuse la conchiglia
Quel luogo sembrava un acquario, osservandolo dall’anonimato della notte appiccicosa di un luglio cittadino e il rumore di carte di gelato accanto al mare denso.
La ciocca si liberò e tornò dove voleva stare.
Finestre altissime trattenevano a stento la luce gialla che spruzzava a fasci dappertutto lì intorno, straripava da quella che inondava scogliere di scaffali di libri allineati, avvolgeva madrepore di libri accatastati, lambiva scogli di libri sparsi.
In mezzo una piccola folla di teste d’argento, allineate come sardelle ad assaggiare la sapienza, là sul fondale, della testa più bianca di tutte, dalla parola d’oro e la giacca dai riflessi sabbia.
Ai lati le due pupille, due delfine di differente colore ed età, ad annuire e rispondere, a seconda dell’evenienza e della marea dell’interesse.
Era lì per qualcosa, qualcuno. Fluttuava con un occhio a spiare il branco culturale, un orecchio a maledire il colpi dei suoi tacchi sul pavimento, che da muta provocava mulinelli di disturbo.
Qualcuno, che però non pareva esserci.
Gradisce uno sgabello?
Un occhialetto gentile, di sorriso di giovane nient’affatto triglia, si aggirava sommesso e solerte tra la barriera libraria.
L’esca oratrice era succulenta, l’ambiente dal ph ospitale, le scarpe col tacco un pò da tonna.
Accettò.
E dimenticò, sia il bidone che il fatto che aveva due gambe (e forse un pò troppo scoperte per quell'ecosistema)
Immersa nel vortice di presentazioni editoriali, racconti e letture, di correnti di pensiero e di scrittura dell’una o dell’altra sirenetta.
E poi con un guizzo comprese.
Comprese che la sua cattura non era del tutto casuale, che in fondo lì le sarebbe piaciuto stare.
Durò poco meno di un’ora.
Un applauso scrosciante interruppe l’apnea,  si alzò, guadando l’attardarsi degli altri per tornare all’aria e sventolarvi i suoi quesiti sommersi.
Forse forse chi quella sera non c’era, a ben vedere c’era più di lei, il buon vecchio squalo.
E forse sul serio a non dargli retta, era da vera merluzza.

chi trova l'amico..
lunedì 23 luglio 2007 0.30
L’amicizia si vede nel momento del bisogno.
E si sente pure, per esempio quando la tua compagna di merende urla al barista dov’è finito quel tipo che le interessa, quello di venerdì scorso, e lui nel casino le risponde con un cenno del cranio, indicando un paio di metri in là, proprio il ricercato che probabilmente ha visto tutta la scena, da come sorride, e te a quel punto non puoi fare a meno di slogarti la mascella in una fragorosa risata, passando il resto della sera a convincerla che in fondo non era poi una così gran figura di merda…

giochi di piede
lunedì 23 luglio 2007 0.43
Domani, lunedì, sapeva che si sarebbero visti.
Sapeva di essere in ritardo, lui le aveva detto giovedì.
Ma giovedì non poteva, e già da quando lui glielo aveva chiesto.
C’era stato un tempo quando guardandolo in quegli occhi di pece aveva provato a dissuaderlo, a contrattare.
Era stato tutto inutile.
Lui l’aveva semplicemente fissata, ripetendo: giovedì.
E così aveva annuito, facendo del suo meglio per non contrariarlo, perché aveva bisogno di lui, ma agendo poi di testa propria, come faceva sempre.
Ricordava perfettamente il loro primo incontro.
Pioveva e scappava indispettita dalla maleducazione di una commessa di un negozio poco distante.
Si imbattè in quell’insegna di fianco ad un semaforo rosso, si disse, cheddiavolo, proviamo.
Tirò il freno ed entrò.
Così nel dubbio indispettito della penombra odorosa di resine e gomma, lo scorse, la pelata scintillante sotto l’unico fascio di luce e un tentativo di riporto, lo sguardo concentrato, le labbra serrate.
Buongiorno.
Una pausa di alcuni secondi,  sufficiente a farle pensare che oggi non era davvero giornata.
Buong.. ripetè.
Un movimento lentissimo delle inquisitive sopraciglia, a sollevare la pelle ambrata della fronte e finalmente la certezza stizzita da questa parte del banco di aver trovato un contatto.
Avanzando elencò le sue richieste, petulando il motivo del suo bisogno.
Un cenno, un cartoncino anonimo, un giorno: giovedì.
Lei gli obbedì solo la prima volta, la ricompensa fu grande.
Finalmente aveva trovato qualcuno che la comprendeva, per quanto parlasse poco la sua lingua.
Da allora tornò spesso da lui, ma senza quella fretta, che non le riusciva ancora di fargli perdere, pur avendogli spiegato di poter venire da lui un giorno solo alla settimana.
A poco a poco i cenni divennero più cordiali, qualche domanda più dettagliata, una battuta.
E la scoperta di un mondo per lei di fascino incommensurabile, di antica arte su misura, di manualità artigiana che potesse accudire la propria sregolata passione.
Lunedì scorso, sulla via per il suo appuntamento per cena a casa dei genitori, è passata dal suo insostituibile calzolaio marocchino, a portargli un pacchetto di preziosi sandaletti feriti a morte dal ciottolato mordace della città vecchia nel weekend.
In silenzio le ha annuito, ha srotolato l'involucro corrugandosi, flagellandola d'eternità ansiosa, poi con un piccolo sorriso, ha allungato un cartoncino e pronunciato: giovedì.
Sorridendo anche lei, lo ha infilato nel portafogli, sospirando sollevata il suo arrivederci sibillino.
Afferrando la maniglia, sull’uscio la domanda sfacciata le attraversò solo la mente, di spalle: ma dei due, chi è che prende per il culo l’altro?

un Mele al giorno, o alla notte..
martedì 31 luglio 2007 18.23
i miei banali rimedi alla solitudine - quando riesco a godermela -  tutt'al più possono essere la  scoperta inorridita di mie sempre nuove lacune culturali, la socievole aggressione di cuscinetti adiposi, l'arricchimento degli azionisti dei miei gestori telefonici, la persecuzione sistematica della flora infestante le mie pertinenze domestiche, la sperimentazione e ricerca nella carbonizzazione culinaria.
ecco.
ho paura che di questo passo non diventerò mai parlamentare..

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