mercoledì 7 dicembre 2011

archivio


Giallo a Cena
Venerdì alle 20.40 una imprecante miss Jekill si arrampicava trafelata e un po’ ansante su per le viuzze del centro storico, in spaventoso ritardo per la cena e severo proponimento di dimezzare la dose di nicotina giornaliera.
Fortunatamente nello stesso tempo, a sollevarla da malmostosi rimorsi, le venne in aiuto la giustificante certezza di aver concluso dignitosamente una settimana lavorativa infernale, la soddisfazione di un positivo collaudo dei suoi nuovi tronchetti neri con punta malandrina e lo squillo di Miriam, anch’essa in solidale panico da acrobata dell’orologio.
A sciogliere le ultime paure di maleducato ingresso da uniche ritardatarie al ristorante ci pensarono di lì a poco il tacchettio lesto lesto di una trotterellante Tina, seguito da un “Hola chicas” della Ines rientrata dalle vacanze iberiche e riecheggiante ad ampie falcate lungo il vicolo semideserto che conduceva le quattro splendide signore al loro tavolo, l’ultimo rimasto vuoto appunto, e pure al centro della sala.
La Franca quella sera soccombeva ad un virus battagliero, e la Wanda ci avrebbe raggiunte dopo, giacché stava ancora discutendo pesantemente con la bilancia, quindi mancava solo la Jolanda.
Il ristorantino, grazioso e accogliente, seppur gestito da un paio di simpatici rintronati, si trova in piazza Campopisano, un piccolo borgo di presepe genovese dal ciottolato cannibale per i miei tacchi ma dalla scenografia mozzafiato che sbircia il nostro bel mare. 
Giallo a cena, in menù quella sera.
Una deliziosa combinazione di cibo, vino e piccola compagnia teatrale che si esibisce tra i tavoli inscenando un divertente delitto tra una portata e l’altra, esigente dunque una rigorosa puntualità!
Ma per noi ragazze, il giallo sembrava essere cominciato ancor prima, visto che al nostro primo famelico affondo in squisito flan di carciofi e vongole, non v’era traccia della Jolanda.
La poveretta, catturata dopopranzo da una sanguinosa riunione, non sembrava ancora destinata ad un misericordioso rilascio.
Delle volte mi domando quali sadici scherzi del destino ci tocchino a turno il pomeriggio del venerdì, di solito sotto forma di rompicoglioni ritardatari che con la giustificazione scritta di un assegno sventolante (ma ancora da firmare) non si avvedono brontolando di riscattare poi oltre alla professionalità anche l’umana pazienza del malcapitato ostaggio.
Alla fine del tortino comunque arrivò anche la nostra bionda Jolanda: uno scambio di baci, e probabilmente un suo vaffa mentale, e quindi un altro brindisi salutò anche per lei l’inizio del ùikend e per noi tutte la continuazione sollevata del godimento delle libagioni e del curioso intreccio passionale dei sette attori.
Tra la rosa dei principali indiziati, miss Jekill non ha ovviamente azzeccato il colpevole, essendosi, guarda caso, accanita ingiustamente su uno dei due maschietti.
La Miriam invece, unica sagace investigatrice del nostro tavolo, forse anche grazie alla sua virtuosa lucidità di astemia quaresimale, come ricompensa è finita ammanettata, tra le risate di tutta la sala.
Beata lei, con quei braccialetti malandrini…
E beate tutte, contente e sazie come porcelle, quando intorno alle undici ci siamo incamminate verso il resto della nostra serata.


le tre "S"
Dopo cena, al bancone di un bar, in tranquillo stadio di digestione e sorseggio, venerdì alcune educate signore discutevano dell’eccessivo rincaro di libagioni, bibite, scarpe e cazzate varie, quando un piccolo sospiro rassegnato di domanda su come integrare le entrate pecuniarie ha preso inaspettatamente una piega birichina e sincera.
Miss Jekill aveva buttato là un casuale suggerimento di impiego part-time presso un call center a luci rosse, ma da lì il percorso mentale delle sue compagne è finito a ben più divertenti ed intimi passatempi.
Favoleggiamo spesso noi signore di quanto questa sfruttatissima parolina con tre “s” abbia una valenza differente per i misteriosi maschi.
I luoghi comuni abbondano come pure certe spavalde classifiche.
E una brutale classifica era appunto quella che una di noi stava giusto riportano, memore di una serata in compagnia cameratesca di certi gentiluomini a cui l’alcool e forse un po’ di sbruffoneria aveva sciolto lingua e inibizioni cavalleresche qualche giorno prima.
Con o senza ingestione, davanti o dietro, sessantanove.
Mi accorgo adesso, di aver avuto una grande e dolcissima fortuna.
Considero un privilegio quello di aver potuto combinare curiosità e tempismo nel percorso della mia vita sessuale.
Le persone con cui ho avuto il piacere di arrivare al livello di soddisfatta disinibizione di cui oggi sono intimamente goditrice hanno saputo trovare ognuna pazienza, parole e carezze giuste.
Forse il trucco sta tutto lì, nella testa, nella mia curiosa fiducia e nella loro sensibile puntualità.
E il mio consiglio è di saper aspettare il momento e la persona.
Questo vale per quante signore mi domandino perché non siano disposte a sperimentare certe “variazioni sul tema”, come per tanti adolescenti troppo spesso precocemente esposti e vittime di una mercificazione del sesso che mi rattrista moltissimo, perché quello che dovrebbe essere uno straordinario gioco vissuto con libera consapevolezza, finisce invece svilito in piccole lotte di potere o sterile esibizionismo.
Paradossalmente mano mano che ho sciolto i miei tabù da materasso ne ho infatti eretto intorno uno ancora più coriaceo: ne evito il più possibile l’accesso a visitatori occasionali.
Il mio sesso ormai è fatto di sapori, odori e una gestualità che deve andare oltre all’istintiva soddisfazione fisica.
Diventando più profonda l’esigenza di fidarmi di chi permetto di toccarmi finisce così che mi astenga dal praticare, accidenti: non più interessata ad un missionario coniglietto mi ritrovo disinibitamente casta.
E questo forse spiega ultimamente la mia ritrovata passione per il cioccolato.
Che proprio oggi ha superato se stessa, portandomi ad un nuovo sublime livello di lussurioso congiungimento, spalmando un cubetto di fondente con marmellata di arance amare.
Mmmh… ;-)))

balliamo?
Brilla una luce nuova nei miei occhi in questo periodo della mia vita.
Una luce sciocca e malandrina che non avevo mai visto, e che si accende quando mi guardo allo specchio prima di uscire.
Davanti e adesso anche dietro.
La scorgo negli sguardi solidali delle mie amiche, e, quando mi volto di scatto, anche in quella un po’ più sanguigna di maschietti osservatori.
Vorrei invece spiegare a certe malevole insistenti signore che ciò che invidiano non è un casuale regalo del cielo che capita solo ad alcune fortunate (ma non a me!), ma il frutto di tante pause pranzo passate in palestra ad aggiustare un cuore spezzato mesi fa che ancora adesso mi chiude lo stomaco e mi avvelena i polmoni.
Ieri sera al nostro quartier generale mi si è avvicinato un vecchio nemico.
Refrattario al mio ostinato corteggiamento un paio d’anni or sono, era stato declassato da “Grande Infatuazione” a “Via dalla mia Vista” con mia profonda offesa e amara incomprensione.
Però devo ammettere, il ragazzo ha a suo modo cercato di accontentarmi, tenendosi a distanza di ringhio anziché stuzzicarmi crudelmente per gratificarsi l’ego, o peggio, provando pure a farci scappare un altro paio di scopate,  a differenza di come altri schifosi spietati ho osservato cercare di fare. Il tempo ha lenito certi delusi ardori e le conseguenti orgogliose ferite, infliggendomene poi ben altre, che mi han portato appunto ai giorni nostri, a ingrassare questo blog e a modellare il  mio attuale  “mai nella vita osato sperare” panettoncino taglia small.
Trentasette anni passati a studiare come enfatizzare conversazione intelligente e spiritosa, sguardo azzurro, lentiggini e dolce sorriso spazzati via da un semplicissimo paio di jeans nuovi incollati addosso. Che inaspettato colpo di culo...
Quasi meglio di quando il Berto ti grazia al momento doloroso del conto offrendoti una birra nel suo locale. (Grazie caro!)
O forse un inaspettato nuovo modo di vedere le cose, che se cominci a stare meglio si vede anche allo specchio in coda per il bagno. E nello specchio degli occhi degli altri.
In ogni caso, edificante, davvero.
E assai divertente, ve lo posso assicurare.
Soprattutto quando proprio quel tuo vecchio nemico ti ferma, ti prende per mano, ti fa piroettare dolcemente su te stessa e ti bacia sul collo sussurrando una galante sconcezza, che tu diffidente minimizzi, incolpando una ricaduta nel tabagismo.
Poi incurante della folla ti chiede di ballare avvolgendoti ruffiano in una danza lenta e stretta come due ragazzini delle medie con un piccolo segreto e una gran ridarella.
Beh, son cose che fanno bene al cuore.
E fanno bene anche allo spirito, che ti accorgi che il tempo ti ha tolto un bel peso, e ti ha restituito un mezzo amico.
E così, ancora modestamente incredula, ora puoi provare a sorridergli, col tuo nuovo sorriso, goffamente spavalda.
Anzi addirittura “bella come il sole”!!!
Ma va là, bugiardo, ma levati di qua…

Nessun commento:

Posta un commento