mercoledì 30 novembre 2011

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La vera storia di Peter “Pablito” Hood Cerveza y Chorizo y Espinoza y Boh

In questi tempi di cavoli ogm e cicogne appestate con l’aviaria, battaglie per Pacs e onorevoli Luxurie in fondo questa potrebbe essere una storia come tutte le altre.
Ma l’outing va così di moda che se ne sentono di ogni, e la nostalgia canaglia ci va giù pesante quando sei alla settima piccola chiara, o a metà della quarta media tiepida, circondata da T.M.T.U (tanti mostri tutti unti).
Capita allora che una misericordiosa compagna dai capelli carota e gli occhi smeraldini ti faccia sorridere in coda al necessario rito dell’incipriamento del naso, e lì, sulle infide scalette che leccano viscide i tuoi tacchi a spillo e il maleducato faretto curioso che sfida i limiti del tuo favoloso nuovo fondotinta mat, lei, la fida compagna, ti rapisca nel suo mondo fantastico e un po’ sbronzo di racconti quasi veri e all’improvviso non ti frega più un cazzo che la stronza bionda ossigenata con le tette di fuori e  il collant bucato ti stia passando avanti e magari ti finisca la carta.
Anzi quasi ti sentiresti così bendisposta da avvisarla, guarda bella, fai meno la splendida checc’hai un bel buco lì dietro al cosciotto… (E così chiariamo una buona volta che le femmine vanno in bagno in due perché una  tiene e l’altra pesta, e di solito una delle due ha anche i fazzoletti di carta e l’altra le vigorsolairactionsenzazucchero, o similari mentine).
Allora… la carta…si si si ..
C’era una volta, qualche anno fa, una straordinaria fanciulla di nome Caterina.
Dati i genitori sconosciuti era un esperimento incredibilmente ben riuscito di irregolare bellezza, piccolina nelle sue umane proporzioni, forse col culo un po’ piatto e poche tette, ma con un incantevole sorriso sgembo a metà tra la smorfia che ti viene quando prendi una storta ma non vuoi far vedere che fa un male porco e la scomoda gioia assetata che ti illumina d’istinto il volto quando uno che non ti faresti manco se fosse l’ultimo uomo in giro dopo i tuoi due anni di master attitudinale multi-etnico a Ponte X o in collegio svizzero ti chiede se vuoi bere qualcosa e tu hai lasciato il borsellino in guardaroba.
Caterina aveva quel quid, quella strafottenza nel lasciarsi vivere che la faceva apparire divina nello sprezzo degli umani e delle loro leggi.
Come dire, levati dal cazzo, razza di loser, io ti farò solo del gran male carino, ti farò girare in tondo, girare come l’acqua nei tubi..
Ma gli uomini amano quel tipo di ragazza. (e lo stesso vale per le donne comunque, dev’essere perchè siamo fatti di mer..  o per l’80% di acqua..)
Un ragazzo la amò più degli altri, e la forza di quello che al risveglio, abitualmente verso le tre post-meridiane, gli formava regolarmente una tenda canadese con la trapunta a orsetti polari e che lui scambiava  per sincero sentimento, beh quel sentimento lo trasformò in eroe moderno.
Pablito Hood in realtà era un fancazzista della madonna, mantenuto dalla madre che lo amava come la sua pupilla destra, (la sinistra se l’era accaparrata il suo barboncino castrato Cujo, nel senso che in una futta isterica per colpa dei mortaretti gliel’aveva sgagnato, e così dal capodanno del 1999 la poveretta aveva un occhio di vetro, e menomale che non c’era già più la buonanima del capitano Ronald Hood, trascinato via dal rhum Concita e da 2 ballerine di lambada rumene al largo di Pizzo Calabro, che ad avere il coraggio di fissarla un po’ si vedeva, il vetrone).
Unico figlio maschio, Peter “Pablito” Hood era bello come il sole, ancora tutti i suoi capelli e bello magro e scattante alla soglia dei ventisette.
E poi generoso, buono, caldo, fico, da mangiare come la farinata coi bianchetti del giovedì della Rina.
Solo, forse, proprio a voler cercare, un po’ pigro, ecco.
E gran sciupafemmine.
Ma per Caterina Pablo si industriò talmente da diventare nel giro di una stagione un rinomato uomo d’affari, conosciuto e riconosciuto in tutti i locali che contano (attentamente i suoi giorni di libertà).
Alleggeriva con talento e tatto le forniture ai ragazzini ricchi, che tanto a loro faceva un favore, che poi le tipe cachemirate gliel’avrebbero data comunque, l’Amicizia, a loro.
Bastava solo insegnargli come saper far intravedere ecco forse la possibilità, dopocena, sorridere sicuri e sussurrare la Parola al di lei lobo ingioiellato con un foro solo, e lasciarla cadere da lì giù per la tromba (…) d’eustachio tutta rosa, a rimbalzare nella segatura rimasta tra la calcolatrice e l’ologramma  di un modello di borsa in plasticaccia milionaria che ingombrano lo spazio tra un orecchio e l’altro.
E…paff.. stessa espressione di curiosità mista “son cose che non si fanno”, lei,  e “forse quasi magari sicuramente al 90% me la trombo”, lui.
Certo, ogni tanto andava buca, mica che si può capire quanta segatura contiene la teca cranica di una bionda/rossa/bruna dalla sua taglia di reggiseno.
Ma intanto ci si parlava parecchio.
E Pablo ci sapeva un sacco fare con le parole e gli insegnava sempre come fare, trucchi e storie nuove, perché era un amico, un gran amico con cui fare bei bisniss…
E poi ci guadagnavano tutti in fondo, chi in un verso chi nell’altro, cliente e fornitore, in pacche sulla schiena in strada e tante circospette risate, in salute i ragazzi e in ricchezza lui (“in miseria e malattia” è un’altra storia, roba di confetti e avvocati, si chiama  Mission Impossibile credo).
E ci guadagnavano pure i locali notturni, che attiravano tanta bella gente così allegra, che scalzava i tipi loschi dal quartiere.
E ci ingrassava pure la Municipale con le multe la mattina dopo.
Fico, no?
Solo i netturbini c’avevano un po’ le palle girate.
Ma tutto nella vita non si può avere.
Pablito e Caterina si erano incontrati la prima volta una sera qualsiasi del cazzo in giro per aperitivi nei bar nella città vecchia.  Quella volta il destino li aveva invitati entrambi a cenare a sbafo con gli stuzzichini di un paio di giri di nero d’avola al Corat.
Bastò loro uno sguardo, appoggiati a un bancone più consumato da racconti di lacrime, alcolici pentimenti e propositi di nuove diete della panca in ultima fila a destra nella chiesa millenaria poco più avanti.
Era quello infatti un vicolo dove baristi e parroco si spartivano civilmente e a fasce orarie alterne il traffico umano di sgomento e redenzione di calorose brave ragazze mezze nude e pie donne a forma di fagotto, loquaci giovanotti abbronzati col bicchiere di plastica incollato alle mani e concentratissimi mariti domenicali alle prese con dannati passeggini pieghevoli (dando così questi ultimi infine un senso a tormentate memorie infantili di transformer,  meccano e micidiali cubi di rubric, e un croccante perché al lavoro notturno dei netturbini incazzati di prima, i primi)
Galeotto fu un tocchetto di pomodoro bastardo che sfuggendo l’attacco del morso femminile precipitò dalla tartina per andare a rimbalzare sulla stoffa della maglietta bianca presumibilmente rubata a una dodicenne sottopeso tesa sulla tetta destra di lei, sguazzando poi rovinosamente in mezzo alla mini-Rich, e scivolando via in attesa di far altri  viscidi danni sul pavimento per la gioia di esimi ortopedici e dei loro commercialisti, e poi dicono che l’alcool fa male.
 E soprattutto galeotta fu l’attenzione con cui Pablo seguì il viaggio dell’invidiato pezzo d’ortaggio (n.d.a - la patata è un tubero) e poi la tempestività con cui porse alla malcapitata lorda un tovagliolo fregato al vicino.distratto da altre amichevoli grazie femminili.
Notoriamente “visivo” come ogni uomo, il nostro campione ipnotizzato tralasciò di udire l’immancabile finezza della preghiera di ogni femmina che si è appena macchiata. (le varianti da “porca putt..” a “accidenti” dipendono abitualmente dalla distanza in termini temporali dall’ultimo atto sessuale soddisfacente, dal programma per la serata e forse anche un po’ dall’estrazione socio-culturale)
E così, banalmente, tra una donna guardata per bene ma non ascoltata e il sacrificio di un eroico quadratino di carta (il sogno erotico segreto di ogni alberello amazzonico) prendeva il via la vera scintillante storia del generoso giovane che rubava ai ricchi e della sua inseparabile compiacente fata piccolina, che la polverina magica la spargeva, la spargeva eccome…  qualcosa però finiva nel naso purtroppo...e lei iniziò a prendersi un po’ troppo sul serio con la questione del voler volare….
Poi qualche ragazzino ricco prese un po’ troppo sul serio la questione “amicizia”.
E Pablito e LaCate non si videro più tanto in giro per bar.
Credo che lui sia finito poi ai domiciliari, lei per il dolore è andata a vivere in Sud America da un certo cugino sfigato surfista che ha un baretto sulla spiaggia, fa la modella, per arrotondare, ma lo aspetta fiduciosa per vivere insieme felici e contenti.
La morale non c’è, ovviamente, come in tutte le storie del nostro millennio.
Ma meglio uscire con i fazzoletti di carta.
Magari ci sarà un Pablo Hood per ognuna di noi che si sbrodola come una porchetta,  ma di sicuro non ci sarà quasi mai una contessa prima di te al bagno.

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